Penombra, quasi buio. Nudo, disteso sul letto, occhi chiusi ma senza davvero riuscire a dormire. Sara era fuori.
Io qui ad aspettarla, nervoso, agitato.
In quello stato la mia mente vagava.
Ritornava a quella serata un paio di mesi fa, quando dopo una cena con amici, nella quale non avevamo risparmiato sul vino, iniziammo a fare quel gioco da pischelli: obbligo o verità.
Gli “obblighi” erano abbastanza stupidini, ma eravamo brilli e ci fecero ridere un sacco. Le domande delle “verità” invece si erano quasi subito spostate sul piccante. Niente di particolarmente spinto, ma abbastanza da stuzzicarci.
Una volta rimasti soli, ancora alticci e anche un po’ eccitati, continuammo per un po, scopammo, e poi ci addormentammo nudi e sfiniti.
La sera seguente Sara mi disse che era divertita. Certo anche io. No, insistette, si era divertita a fare quel gioco, soprattutto dopo che aveva preso una piega un po’ trasgressiva.
Anche io mi ero divertito, glielo dissi, ma nel mentre pensavo a come poter continuare…
Mi venne un’idea.“Facciamo cosi’”, dissi, “esiste questo gioco chiamato hotwife challenge. è un gioco scemo in cui ci sono, delle prove, delle sfide, sempre più ardite da fare in questa direzione”.
“Cioè?”, mi chiese incuriosita.
“Sono prove, sempre più ardite, sempre più spinte, che tu dovrai fare.”
“Io?”
”Per esempio”, continuai preso dal mio progetto, “la prima sfida potrebbe essere uscire con vestito ma senza mutande, e fare in modo che seduta qualcuno se ne accorga”.
“Cioè vuoi che faccia vedere la figa a tutti come primo passo?”, chiese con tono fintamente scandalizzato.
“Perché no!”.
“Uhm”.
“Ok, comunque, ci mettiamo d’accordo su quale sia, e quando siamo in vena me scegliamo uno e lo facciamo”.
“Lo facciamo. Mi pare però che sia io a doverli fare!”
“Beh, no, nell’esempio di prima, il fatto che TU, mia moglie, faccia vedere la figa a qualcun altro è un challenge anche per me”.
“Mah, tu però non fai vedere nulla a nessuno”.
Non aveva torto. Il tono era diventato un po’ più serio, dovevo inventarmi qualcosa o avrei perso l’occasione.
Poi l’illuminazione.
“Facciamo un sistema a punti: scriviamo le prove su dei fogliettini. Di scriviamo tempo a disposizione per completarla e un punteggio. Se la prova è completata nel tempo stabilito prendi punti, se no li prendo io.”
Mi ascoltava tra l’interessato e lo scettico.
“Mettiamo dei premi a seconda dei punti. Tipo al luna park quando butti le palline nei vasetti coi pesci!”.
“Io voglio vincere il pesce”, disse seria.
Ok. Non sapevo come prendere questa risposta ma non volevo distrazioni.
“Allora, organizziamo tre livelli di difficoltà: base, medio e avanzato. Scriviamo varie sfide su dei bigliettini, con il tempo a disposizione e il punteggio per ognuna. Li mettiamo in tre gruppetti e ogni volta, prima di estrarre a sorte, decidiamo il livello.”
“Sembra molto complicato”, disse senza entusiasmo.
“Ma no, vedrai che già scrivere I bigliettini sarà divertente”.
Presi dei foglietti, li tagliai della stessa dimensione, e iniziai a scrivere su uno “Pompino con ingoio, 24 ore, 200 punti. Direi livello avanzato, no?”.
“POMPINO CON INGOIO??? MA A CHI???”, chiese lei incredula.
“Hai ragione anche te”. Aggiunsi sul bigliettino “A uomo conosciuto la sera stessa”.
“Tu sei scemo”. Ora era solo divertita.
“ Da quando questa prova viene estratta, hai 24 ore a disposizione per completarla, sennò i punti li prendo io”.
“Ok”.
Quindi ha accettato l’idea che possa uscire la sfida di fare un pompino a qualcuno. Con ingoio.
Nel buio del letto, sul lenzuolo spiegazzato dal mio girarmi e rigirarmi, ripensando a quel momento realizzai una cosa.
Quello era il momento in cui, senza dirlo esplicitamente, Sara aveva accettato di avere incontri sessuali con sconosciuti.
Però subito dopo ne realizzai un’altra: che alla fine i punti erano tipo quelli del luna park davvero, non e’ che si vincesse chissà cosa. Poteva anche semplicemente pensare che avrei potuto scrivere quello che volevo, tanto peggio che sarebbe andata avrebbe fatto prendere quei punti a me. Capirai.
Visto quello che successe subito dopo, è probabile che fosse così.
Mi rilassai un po’.
Sara prese un altro foglio e scrisse “Scopare nel bagno del locale, 3 giorni, 1000 punti”. Io la guardavo con gli occhi sbarrati. Aggiunse ad alta voce: “Con uomo conosciuto la sera stessa”.
Fingendo nonchalance, ma dovetti impegnarmi parecchio, chiesi: “Con o senza preservativo?”. Dopo averci riflettuto qualche secondo declamò: “Con”, e lo scrisse.
“Allora 800 punti”, dissi io.
Lei puntò gli occhi dentro i miei, decisa, sembrava voler dire “ah sì?”. Prese un altro bigliettino e scrisse la stessa cosa, stavolta specificando “Senza preservativo, 1000 punti”.
E io, facendo ancora più fatica a mantenere il mio controllo (non credo di esserci riuscito ma finsi di sì): “Ma venuta dentro o fuori”. La conversazione stava prendendo una piega surreale, da un lato ero divertito, dall’altro iniziavo ad avvertire del subbuglio alla bocca dello stomaco.
“Che palle che sei. Venuta fuori, 900 punti. Va bene?”.
“Ok”. Stavolta presi io un bigliettino e, con una mano solo apparentemente ferma, scrissi: “Scopare nel bagno del locale con uomo conosciuto la sera stessa, senza preservativo, venuta dentro, 3 giorni, 1000 punti”.
“Guarda che potrebbe venire estratto”. Il suo sguardo da “ah sì?” era molto più evidente adesso. La sfida era per me.
“Lo so”. Alla bocca dello stomaco non c’era più subbuglio, era una rivolta, un colpo di stato.
Continuammo per un po’ a scrivere altre sfide, meno ardite di questa da mille punti (non era difficile), divertenti, trasgressive..
In un paio d’ore avevamo riempito circa cinquanta bigliettini, divisi in tre monticini. Ce ne erano molte di base, qualcuna intermedia, e solamente una decina avanzate.
Mi ero anche piano piano rilassato, e eccitato, ma più eccitata era lei. Quella stessa avevamo scopato come due adolescenti in preda agli ormoni. Sara era indiavolata, e continuava a minacciarmi “guarda che prima o poi esce”. Mentre facevamo sesso non mi innervosiva più, mi eccitava anzi. Soprattutto vederla così coinvolta dal momento.
Non ne parlammo più per qualche giorno.
(continua)
[racconto] Mille punti (parte 1)
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Re: [racconto] Mille punti (parte 2)
Non ne parlammo più per qualche giorno.
Fu Sara, una sera, che dopo cena tirò fuori i contenitori e decise che era l’ora di iniziare le sfide. Io avevo la testa da un’altra parte, era stata una giornata pesante a lavoro, non ero dell’umore adatto. Ma, ancora una volta, mi rendevo conto che alcune palle andavano prese al balzo.
“Partiamo dal livello base. Estrai tu o io?”.
“Vai pure tu”.
Fece un po’ di scena, chiuse gli occhi, tirò fuori un bigliettino, lo aprì, e lesse: “Uscire con le amiche, farsi approcciare da sconosciuto, lasciargli numero di telefono, 3 giorni, 20 punti”.
Era entusiasta, quasi eccitata all’idea della sfida: “questa è troppo facile”.
“Vedremo”. La tensione era tornata.
Non passò molto tempo: il giorno seguente uscì con Letizia e Carlotta, sue amiche. Quando tornò a casa io ero sul divano a guardare un film, lei nemmeno mi disse ciao: mi lanciò sulle gambe un bigliettino piegato. Lo aprii e dentro c’era scritto “Sei stupenda. Chiamami, Carlo” e il numero di telefono.
Rimasi senza parole. Me ne urlò tre lei: “Venti punti! Segna!”.
Volli sapere tutto, ma rimasi abbastanza deluso: non aveva dovuto fare niente di che per ottenere il numero. Qualche sorriso, far finta di ridere a un paio delle sue battute. Il tizio nemmeno era risultato troppo simpatico (“Ma un gran fico!”), e nonostante avesse notato la fede, l’aveva invitata a uscire. Le chiese il numero ma Sara gli disse che era meglio di no. Allora offrì lui il suo, lei accettò ma gli prometteva di chiamarlo.
“Nient’altro?”, chiesi.
“Nient’altro. Ma era molto fico, e ora ho il numero”.
“Ho capito che era fico”
“Ma parecchio!”.
Il fatto che non ci fosse nient’altro da una parte mi aveva deluso (quando il sangue scendeva dal cervello mi si allentavano i freni), dall’altra ne ero sollevato.
La serata finì come immaginabile a letto a fantasticare chissà quali avventure col ragazzo conosciuto fuori.
Quando finimmo, prima di prepararci per dormire, dissi che dovevamo continuare e lei con entusiasmo accettò: “Stavolta estrai tu”.
“Ok”. Presi un bigliettino “Ah, il nostro primo! Esci con vestito corto, senza mutande, e fai in modo che qualcuno ti veda la fica. 24 ore, 50 punti”.
“Ventiquattro ore? Come faccio?”
“C’eri anche tu quando li abbiamo scritti”.
“Richiamo Letizia”.
“Mettile in viva voce voglio sentire”.
Fece il numero di Letizia e appoggiò il telefono sul letto.
“E’ mezzanotte passata, spero tu mi stia chiamando per farti sgattaiolare fuori e portarti a trombare il morino del bar.”. Non perse tempo con i convenevoli, Sara.
“Leti non fare la scema! Era carino ma niente di che dai!”
“Ah certo, e quando ci hai tenuto a farmi sapere che te l’aveva fatta bagnare solo a guardargli i bicipiti intendevi che non era niente di che”. Letizia scoppiò a ridere, ma Sara era ancora più imbarazzata.
Io la guardavo e solo muovendo in silenzio mormorai “Bagnata?”.
Sara tagliò corto “Senti Leti, Lucio domani sera deve finire una cosa di lavoro, usciamo anche domani?”.
Leti non sembrava voler mollare l’osso: “Torniamo nello stesso posto così magari stavolta gliela fai annusare ahahah”.
“Dai smetti, no, andiamo da un’altra parte, magari a ballare”
“Ok!”. Finirono col mettersi d’accordo e chiusero la telefonata.
Sara non disse nulla.
“Bagnata?”, ripetei, stavolta ad alta voce.
“Ma dai, l’ho detto per fare un po’ la scema con Leti e Carlotta”.
“Ceeerto”, ma l’abbozzai.
La sera successiva si preparò, nel vero senso della parola. Capelli fatti, trucco leggero, vestitino intero corto sopra il ginocchio, niente calze e, come da sfida, niente mutande.
Si era anche aggiustata il pelo, come se da lontano, sotto la gonna, possibilmente al buio, si notasse che era in disordine.
“Senti, forse è meglio se esco con le mutande e me le tolgo là, magari in bagno”.
“Come ti pare, la sfida è farla vedere, non stare tutta la sera senza. Ma non è più semplice uscire già così? Magari l’occasione si presenta quando non sei pronta. Paura di prendere freddo alla patata?”, risi.
“Non è quello”.
“E cos’è?”.
“Ho paura che si veda”.
“Eh, infatti la devi far vedere!”, risi un po’ troppo sguaiatamente per uno a suo agio.
“Non la fica di per sé, ho paura che si veda che sono eccitata!”.
Rimasi senza parole per un attimo.
“Eccitata in che senso?”
Le misi una mano tra le gambe, lei non fece nessuna resistenza. Aveva la fica completamente fradicia.
“Un altro po’ e ti gocciola”.
“Appunto!”
“Pensavo questo gioco lo facessi per i punti”
“Senti eh!?”.
“Sei fradicia… forse non è il caso” mi uscì con un filo di voce.
“Certo, e darti 50 punti”. Mi lanciò addosso il perizoma che stava per indossare. “Senza”.
“Brava bimba”, mormorai poco convinto.
“Non ci sperare”. Lei invece sembrava parecchio convinta.
Vinse altri 50 punti, ma il racconto fu vagamente deludente.
Il fortunato spettatore della patata lucida di eccitazione di mia moglie fu uno scemo qualsiasi al locale dove si fermarono a bere prima di andare a ballare.
La conferma che lo scemo qualsiasi gliel’avesse vista la dette lui: sentendosi più sicuro di sé di quello che poteva permettersi, si era avvicinato al tavolo delle due amiche e rivolto a Sara “Mi sa che ti sei scordata di metterti le mutande”.
Sara mi disse che Letizia stava per mandarlo a quel paese quando lei invece rispose “Non le ho dimenticate, non le metto mai”.
Sara mi raccontava la scena e mi sembrava di vederla: il tizio abbozzò un sorriso, fece per dire qualcosa ma si vede nella sua mente “bella donna al bar senza mutande” doveva avergli mandato in corto circuito il cervello. Quindi, dopo un paio di secondi con la smorfia del sorriso sulla faccia, decise di ritirarsi senza dire nulla. Ma come, pensavo, ricevi una risposta così e te ne vai?
Sara mi disse che Letizia dapprima rise della risposta, poi vide che Sara era seria, e le chiese “Ma sei davvero senza mutande?”. “Yes”.
Non andammo oltre perché la sfida era finita e non c’era altro da dire. Raccontò solo che Letizia le disse “ma allora sei proprio una maiala” e lei “Mi fa caldo”.
La sfida era vinta, andarono a ballare (Sara mi raccontò che in realtà un paio di mutande le aveva nella borsetta, e prima di lasciare il locale se le rimise).
Fu Sara, una sera, che dopo cena tirò fuori i contenitori e decise che era l’ora di iniziare le sfide. Io avevo la testa da un’altra parte, era stata una giornata pesante a lavoro, non ero dell’umore adatto. Ma, ancora una volta, mi rendevo conto che alcune palle andavano prese al balzo.
“Partiamo dal livello base. Estrai tu o io?”.
“Vai pure tu”.
Fece un po’ di scena, chiuse gli occhi, tirò fuori un bigliettino, lo aprì, e lesse: “Uscire con le amiche, farsi approcciare da sconosciuto, lasciargli numero di telefono, 3 giorni, 20 punti”.
Era entusiasta, quasi eccitata all’idea della sfida: “questa è troppo facile”.
“Vedremo”. La tensione era tornata.
Non passò molto tempo: il giorno seguente uscì con Letizia e Carlotta, sue amiche. Quando tornò a casa io ero sul divano a guardare un film, lei nemmeno mi disse ciao: mi lanciò sulle gambe un bigliettino piegato. Lo aprii e dentro c’era scritto “Sei stupenda. Chiamami, Carlo” e il numero di telefono.
Rimasi senza parole. Me ne urlò tre lei: “Venti punti! Segna!”.
Volli sapere tutto, ma rimasi abbastanza deluso: non aveva dovuto fare niente di che per ottenere il numero. Qualche sorriso, far finta di ridere a un paio delle sue battute. Il tizio nemmeno era risultato troppo simpatico (“Ma un gran fico!”), e nonostante avesse notato la fede, l’aveva invitata a uscire. Le chiese il numero ma Sara gli disse che era meglio di no. Allora offrì lui il suo, lei accettò ma gli prometteva di chiamarlo.
“Nient’altro?”, chiesi.
“Nient’altro. Ma era molto fico, e ora ho il numero”.
“Ho capito che era fico”
“Ma parecchio!”.
Il fatto che non ci fosse nient’altro da una parte mi aveva deluso (quando il sangue scendeva dal cervello mi si allentavano i freni), dall’altra ne ero sollevato.
La serata finì come immaginabile a letto a fantasticare chissà quali avventure col ragazzo conosciuto fuori.
Quando finimmo, prima di prepararci per dormire, dissi che dovevamo continuare e lei con entusiasmo accettò: “Stavolta estrai tu”.
“Ok”. Presi un bigliettino “Ah, il nostro primo! Esci con vestito corto, senza mutande, e fai in modo che qualcuno ti veda la fica. 24 ore, 50 punti”.
“Ventiquattro ore? Come faccio?”
“C’eri anche tu quando li abbiamo scritti”.
“Richiamo Letizia”.
“Mettile in viva voce voglio sentire”.
Fece il numero di Letizia e appoggiò il telefono sul letto.
“E’ mezzanotte passata, spero tu mi stia chiamando per farti sgattaiolare fuori e portarti a trombare il morino del bar.”. Non perse tempo con i convenevoli, Sara.
“Leti non fare la scema! Era carino ma niente di che dai!”
“Ah certo, e quando ci hai tenuto a farmi sapere che te l’aveva fatta bagnare solo a guardargli i bicipiti intendevi che non era niente di che”. Letizia scoppiò a ridere, ma Sara era ancora più imbarazzata.
Io la guardavo e solo muovendo in silenzio mormorai “Bagnata?”.
Sara tagliò corto “Senti Leti, Lucio domani sera deve finire una cosa di lavoro, usciamo anche domani?”.
Leti non sembrava voler mollare l’osso: “Torniamo nello stesso posto così magari stavolta gliela fai annusare ahahah”.
“Dai smetti, no, andiamo da un’altra parte, magari a ballare”
“Ok!”. Finirono col mettersi d’accordo e chiusero la telefonata.
Sara non disse nulla.
“Bagnata?”, ripetei, stavolta ad alta voce.
“Ma dai, l’ho detto per fare un po’ la scema con Leti e Carlotta”.
“Ceeerto”, ma l’abbozzai.
La sera successiva si preparò, nel vero senso della parola. Capelli fatti, trucco leggero, vestitino intero corto sopra il ginocchio, niente calze e, come da sfida, niente mutande.
Si era anche aggiustata il pelo, come se da lontano, sotto la gonna, possibilmente al buio, si notasse che era in disordine.
“Senti, forse è meglio se esco con le mutande e me le tolgo là, magari in bagno”.
“Come ti pare, la sfida è farla vedere, non stare tutta la sera senza. Ma non è più semplice uscire già così? Magari l’occasione si presenta quando non sei pronta. Paura di prendere freddo alla patata?”, risi.
“Non è quello”.
“E cos’è?”.
“Ho paura che si veda”.
“Eh, infatti la devi far vedere!”, risi un po’ troppo sguaiatamente per uno a suo agio.
“Non la fica di per sé, ho paura che si veda che sono eccitata!”.
Rimasi senza parole per un attimo.
“Eccitata in che senso?”
Le misi una mano tra le gambe, lei non fece nessuna resistenza. Aveva la fica completamente fradicia.
“Un altro po’ e ti gocciola”.
“Appunto!”
“Pensavo questo gioco lo facessi per i punti”
“Senti eh!?”.
“Sei fradicia… forse non è il caso” mi uscì con un filo di voce.
“Certo, e darti 50 punti”. Mi lanciò addosso il perizoma che stava per indossare. “Senza”.
“Brava bimba”, mormorai poco convinto.
“Non ci sperare”. Lei invece sembrava parecchio convinta.
Vinse altri 50 punti, ma il racconto fu vagamente deludente.
Il fortunato spettatore della patata lucida di eccitazione di mia moglie fu uno scemo qualsiasi al locale dove si fermarono a bere prima di andare a ballare.
La conferma che lo scemo qualsiasi gliel’avesse vista la dette lui: sentendosi più sicuro di sé di quello che poteva permettersi, si era avvicinato al tavolo delle due amiche e rivolto a Sara “Mi sa che ti sei scordata di metterti le mutande”.
Sara mi disse che Letizia stava per mandarlo a quel paese quando lei invece rispose “Non le ho dimenticate, non le metto mai”.
Sara mi raccontava la scena e mi sembrava di vederla: il tizio abbozzò un sorriso, fece per dire qualcosa ma si vede nella sua mente “bella donna al bar senza mutande” doveva avergli mandato in corto circuito il cervello. Quindi, dopo un paio di secondi con la smorfia del sorriso sulla faccia, decise di ritirarsi senza dire nulla. Ma come, pensavo, ricevi una risposta così e te ne vai?
Sara mi disse che Letizia dapprima rise della risposta, poi vide che Sara era seria, e le chiese “Ma sei davvero senza mutande?”. “Yes”.
Non andammo oltre perché la sfida era finita e non c’era altro da dire. Raccontò solo che Letizia le disse “ma allora sei proprio una maiala” e lei “Mi fa caldo”.
La sfida era vinta, andarono a ballare (Sara mi raccontò che in realtà un paio di mutande le aveva nella borsetta, e prima di lasciare il locale se le rimise).
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Re: [racconto] Mille punti (parte 3)
Nelle settimane successive continuammo con i nostri giochini. Vinse quasi tutte le sfide base, tranne “Esplicitamente strusciare il culo contro uno sconosciuto sulla metropolitana” semplicemente perché quel giorno fu troppo impegnata e finì per scordarsi della sfida. 30 punti per me.
E arriviamo a stanotte. La sfida è di livello intermedio: uscire, conoscere uno, limonarci.
E’ la sfida più ardita che abbiamo fatto finora. Limonare con uno sconosciuto? Che mi era saltato in mente?
Ero nervosissimo.
Non era nulla che non si facesse pressoché con chiunque a sedici anni, ma non avevamo 16 anni, ed eravamo sposati.
Era uscita dio nuovo con Letizia e Carlotta, era vestita più o meno come la sera delle mutande con un vestitino scuro non troppo corto.
E come la sera delle mutande era uscita fradicia.
La cosa mi aveva agitato più dell’altra volta. Un conto e vedere, un conto…
Erano le tre e mezzo di notte e stavo nel dormiveglia quando la porta chiudersi mi svegliò completamente. Mi tirai leggermente su con la testa sul cuscino ma non mi mossi.
Sentii Sara appoggiare le chiavi sul piatto, togliersi le scarpe, appoggiare la borsa.
Entrò scalza in camera, mi vide sveglio e mi sorrise.
Stavo per parlare ma si mise un dito sulla bocca e mi fece “Shhh”.
Salì in ginocchio sul fondo del letto e piano piano mi si mise sopra le gambe. Come sentii il calore della pelle delle sue cosce sulle mie caviglie ebbi un’erezione che finora avevo tenuto sotterrata sotto tonnellate di nervosismo.
Ero ancora nervoso, ma sentirla vicina mi aveva anche tranquillizzato.
“Allora?”, chiesi.
“Shhhh”, fece ancora, buttando un’occhiata al mio cazzo ritto, e facendomi un sorriso.
Si abbassò per baciarmi. Ci abbracciamo, mi rilassai finalmente.
Poi si tirò su di nuovo, e dal basso si sfilò il vestito, rimanendo completamente nuda (non aveva nulla sotto).
Mi guardava negli occhi mentre con una mano si accarezzò il seno e, senza staccarsi, scivolò fino sulla fica.
Socchiudendo gli occhi si accarezzò un po’, io volevo solo scoparla.
Ma lei rimase così per un po’, e io immobile, così avevo capito mi volesse.
Sospirò inserendosi un dito nella fica, a fondo, lo mosse un po’, poi lo tolse e sempre guardandomi dritto negli occhi, con un mezzo sorriso malizioso, portò il dito verso la mia faccia, verso la bocca.
Senza pensarci aprii le labbra, tirai fuori la lingua e lo leccai.
Il sapore era allo stesso tempo conosciuto ma diverso, in quell’istante il mio cervello lavorò a mille, il tempo sembrava aver rallentato. Il mio sguardo tradiva il conflitto di pensieri che si dibattevano nella mia testa: non capito cosa, come potesse essere, perché.
“Mille punti”, sussurrò, spingendomi il dito ancora più a fondo.
Il tempo si fermò. Volevo parlare ma avevo il dito in bocca.
Il suo sorriso era bellissimo e sfrontato allo stesso tempo.
“Mille punti?” pensai senza dirlo.
“Mille punti” sussurrò di nuovo mentre toglieva il dito dalla mia bocca.
Si tirò leggermente su e iniziò a salire, pensavo volesse finalmente scopare ma invece venne ancora più.
“Come mille punti?”, chiesi con un filo di voce.
Ce l’avevo quasi sopra, e mettendomi la fica in faccia, ripeté “Mille punti.”.
Era decisamente una fica che aveva vinto mille punti. Aveva l’odore di sesso, dei suoi umori, e aveva inconfondibilmente anche l’odore di sperma.
Non sapevo cosa pensare, ma il mio cazzo era duro come il marmo, e grondava liquido prespermatico. Ma tirai fuori la lingua e iniziai a leccargliela.
Lei si era appoggiata al muro dietro al letto e mi schiacciava la fica in faccia, muovendo leggermente il bacino agevolando la leccata.
Dopo un po’ si alzò e dicendo “scopami” si impalò sul mio cazzo.
Entrare in lei fu una sensazione incredibile, nuova ed eccitante. Era bagnata, lubrificata, appiccicosa, e… allargata.
Non sapevo cosa avesse fatto, con chi, dove, ma adesso volevo solo farla di nuovo mia. Col cazzo dentro di lei, le affondai la lingua in bocca per un bacio appassionato come non ci eravamo dati da tanto tempo.
Dopo poco scoppiai nella sua fica.
Rimanemmo così, nudi e sudati, col mio cazzo dentro di lei che piano piano si ammosciava, il mio sperma, e quello di chissà chi, che colavano dalla sua fica sulle mie palle.
Ci addormentammo così, sfiniti di emozioni e piacere.
Feci sogni confusi, agitati, sognai Sara che scopava con chiunque.
Mi svegliai con la prima luce del giorno con una nuova erezione.
Si svegliò anche lei, e dopo avermi sorriso, si alzò per andare a fare pipì.
Quando tornò era nuda e bellissima, con i capelli arruffati e l’espressione serena tipica del giorno dopo il sesso.
Si infilò sotto il lenzuolo e me lo prese in mano, appoggiando la testa sulla mia spalla.
“Vorrai sapere tutto”.
“Sì”, non riuscii a dire altro, mentre mi stava lentamente facendo una sega.
Mi raccontò che in discoteca aveva iniziato a ballare con uno molto carino e molto intraprendente che subito iniziò ad allungarle le mani sui fianchi.
Mi disse che Letizia la guardava facendole gestacci (nonostante Letizia mi conoscesse non sembrava essersi fatta problemi del comportamento di Sara).
Alla fine Sara aveva ceduto alle avances del tizio e, sempre ballando, si era fatta baciare. Nonostante la sfida fosse a quel punto vinta, un po’ per i cocktail bevuti, un po’ perché era eccitata da prima di uscire, non si era fermata lì. Lui le aveva messo le mani ovunque e a un certo punto le aveva pure tirato su il vestito scoprendole per un attimo il culo. “Stai fermo, non ho le mutande!” gli disse lei in un orecchio.
“Le mutande non facevano parte della sfida”, dissi io, pentendomi subito di aver interrotto il racconto. Lei però non ci fece caso e proseguì nel racconto.
Il tizio, che non era scemo come quello di qualche settimana fa, aveva preso la palla al balzo e le aveva detto “andiamo”, guidandola con sé verso il bagno delle donne.
Si erano infilati in uno dei bagni, avevano chiuso la porta e lei si era chinata, glielo aveva tirato fuori e aveva iniziato a fargli un pompino.
“Cento punti”, dissi interrompendo di nuovo a sproposito, mentre Sara continuava a segarmi..
“Ahaha giusto”. Poi mi disse che si era rialzata e si era appoggiata alla porta del bagno, porgendogli il culo.
Lui da dietro non aveva perso tempo: le aveva tirato su il vestito e glielo aveva messo dentro senza tanti convenevoli.
Aveva iniziato a sbatterla prendendola per i fianchi. “Sei sposata”le aveva detto notando la mano appoggiata alla porta. Lei gli disse “si sono sposata”, ma questa scoperta non lo aveva affatto intimidito, anzi, aumentò la veemenza dei colpi, facevano un gran rumore coperto solo in parte dalla musica.
Qualcuna aveva pure urlato “vi divertite li dentro eh!”.
Mi disse che aveva un cazzo importante, aveva detto così, non esagerato ma decisamente aveva sentito la differenza. E soprattutto era riuscito a scoparla per un bel po’.
Era già venuta una volta quando lui le aveva detto che stava per venire e, quando aveva fatto per tirarlo fuori, lei lo prese e lo aveva tirato a sé. “voglio sentirti dentro”. Lui immediatamente esplose eiaculando una quantità incredibile con gli ultimi due o tre colpi.
A questo punto eiaculai anche io, sulla sua mano, sulla mia pancia.
Sara mi baciò e ripeté ancora una volta: “mille punti”.
Io abbozzai un “pero’… non era quello estratto”
Ripeté: “Mille punti”.
“Mille punti”, confermai.
“Hai il suo numero?”.
Sorrise.
E arriviamo a stanotte. La sfida è di livello intermedio: uscire, conoscere uno, limonarci.
E’ la sfida più ardita che abbiamo fatto finora. Limonare con uno sconosciuto? Che mi era saltato in mente?
Ero nervosissimo.
Non era nulla che non si facesse pressoché con chiunque a sedici anni, ma non avevamo 16 anni, ed eravamo sposati.
Era uscita dio nuovo con Letizia e Carlotta, era vestita più o meno come la sera delle mutande con un vestitino scuro non troppo corto.
E come la sera delle mutande era uscita fradicia.
La cosa mi aveva agitato più dell’altra volta. Un conto e vedere, un conto…
Erano le tre e mezzo di notte e stavo nel dormiveglia quando la porta chiudersi mi svegliò completamente. Mi tirai leggermente su con la testa sul cuscino ma non mi mossi.
Sentii Sara appoggiare le chiavi sul piatto, togliersi le scarpe, appoggiare la borsa.
Entrò scalza in camera, mi vide sveglio e mi sorrise.
Stavo per parlare ma si mise un dito sulla bocca e mi fece “Shhh”.
Salì in ginocchio sul fondo del letto e piano piano mi si mise sopra le gambe. Come sentii il calore della pelle delle sue cosce sulle mie caviglie ebbi un’erezione che finora avevo tenuto sotterrata sotto tonnellate di nervosismo.
Ero ancora nervoso, ma sentirla vicina mi aveva anche tranquillizzato.
“Allora?”, chiesi.
“Shhhh”, fece ancora, buttando un’occhiata al mio cazzo ritto, e facendomi un sorriso.
Si abbassò per baciarmi. Ci abbracciamo, mi rilassai finalmente.
Poi si tirò su di nuovo, e dal basso si sfilò il vestito, rimanendo completamente nuda (non aveva nulla sotto).
Mi guardava negli occhi mentre con una mano si accarezzò il seno e, senza staccarsi, scivolò fino sulla fica.
Socchiudendo gli occhi si accarezzò un po’, io volevo solo scoparla.
Ma lei rimase così per un po’, e io immobile, così avevo capito mi volesse.
Sospirò inserendosi un dito nella fica, a fondo, lo mosse un po’, poi lo tolse e sempre guardandomi dritto negli occhi, con un mezzo sorriso malizioso, portò il dito verso la mia faccia, verso la bocca.
Senza pensarci aprii le labbra, tirai fuori la lingua e lo leccai.
Il sapore era allo stesso tempo conosciuto ma diverso, in quell’istante il mio cervello lavorò a mille, il tempo sembrava aver rallentato. Il mio sguardo tradiva il conflitto di pensieri che si dibattevano nella mia testa: non capito cosa, come potesse essere, perché.
“Mille punti”, sussurrò, spingendomi il dito ancora più a fondo.
Il tempo si fermò. Volevo parlare ma avevo il dito in bocca.
Il suo sorriso era bellissimo e sfrontato allo stesso tempo.
“Mille punti?” pensai senza dirlo.
“Mille punti” sussurrò di nuovo mentre toglieva il dito dalla mia bocca.
Si tirò leggermente su e iniziò a salire, pensavo volesse finalmente scopare ma invece venne ancora più.
“Come mille punti?”, chiesi con un filo di voce.
Ce l’avevo quasi sopra, e mettendomi la fica in faccia, ripeté “Mille punti.”.
Era decisamente una fica che aveva vinto mille punti. Aveva l’odore di sesso, dei suoi umori, e aveva inconfondibilmente anche l’odore di sperma.
Non sapevo cosa pensare, ma il mio cazzo era duro come il marmo, e grondava liquido prespermatico. Ma tirai fuori la lingua e iniziai a leccargliela.
Lei si era appoggiata al muro dietro al letto e mi schiacciava la fica in faccia, muovendo leggermente il bacino agevolando la leccata.
Dopo un po’ si alzò e dicendo “scopami” si impalò sul mio cazzo.
Entrare in lei fu una sensazione incredibile, nuova ed eccitante. Era bagnata, lubrificata, appiccicosa, e… allargata.
Non sapevo cosa avesse fatto, con chi, dove, ma adesso volevo solo farla di nuovo mia. Col cazzo dentro di lei, le affondai la lingua in bocca per un bacio appassionato come non ci eravamo dati da tanto tempo.
Dopo poco scoppiai nella sua fica.
Rimanemmo così, nudi e sudati, col mio cazzo dentro di lei che piano piano si ammosciava, il mio sperma, e quello di chissà chi, che colavano dalla sua fica sulle mie palle.
Ci addormentammo così, sfiniti di emozioni e piacere.
Feci sogni confusi, agitati, sognai Sara che scopava con chiunque.
Mi svegliai con la prima luce del giorno con una nuova erezione.
Si svegliò anche lei, e dopo avermi sorriso, si alzò per andare a fare pipì.
Quando tornò era nuda e bellissima, con i capelli arruffati e l’espressione serena tipica del giorno dopo il sesso.
Si infilò sotto il lenzuolo e me lo prese in mano, appoggiando la testa sulla mia spalla.
“Vorrai sapere tutto”.
“Sì”, non riuscii a dire altro, mentre mi stava lentamente facendo una sega.
Mi raccontò che in discoteca aveva iniziato a ballare con uno molto carino e molto intraprendente che subito iniziò ad allungarle le mani sui fianchi.
Mi disse che Letizia la guardava facendole gestacci (nonostante Letizia mi conoscesse non sembrava essersi fatta problemi del comportamento di Sara).
Alla fine Sara aveva ceduto alle avances del tizio e, sempre ballando, si era fatta baciare. Nonostante la sfida fosse a quel punto vinta, un po’ per i cocktail bevuti, un po’ perché era eccitata da prima di uscire, non si era fermata lì. Lui le aveva messo le mani ovunque e a un certo punto le aveva pure tirato su il vestito scoprendole per un attimo il culo. “Stai fermo, non ho le mutande!” gli disse lei in un orecchio.
“Le mutande non facevano parte della sfida”, dissi io, pentendomi subito di aver interrotto il racconto. Lei però non ci fece caso e proseguì nel racconto.
Il tizio, che non era scemo come quello di qualche settimana fa, aveva preso la palla al balzo e le aveva detto “andiamo”, guidandola con sé verso il bagno delle donne.
Si erano infilati in uno dei bagni, avevano chiuso la porta e lei si era chinata, glielo aveva tirato fuori e aveva iniziato a fargli un pompino.
“Cento punti”, dissi interrompendo di nuovo a sproposito, mentre Sara continuava a segarmi..
“Ahaha giusto”. Poi mi disse che si era rialzata e si era appoggiata alla porta del bagno, porgendogli il culo.
Lui da dietro non aveva perso tempo: le aveva tirato su il vestito e glielo aveva messo dentro senza tanti convenevoli.
Aveva iniziato a sbatterla prendendola per i fianchi. “Sei sposata”le aveva detto notando la mano appoggiata alla porta. Lei gli disse “si sono sposata”, ma questa scoperta non lo aveva affatto intimidito, anzi, aumentò la veemenza dei colpi, facevano un gran rumore coperto solo in parte dalla musica.
Qualcuna aveva pure urlato “vi divertite li dentro eh!”.
Mi disse che aveva un cazzo importante, aveva detto così, non esagerato ma decisamente aveva sentito la differenza. E soprattutto era riuscito a scoparla per un bel po’.
Era già venuta una volta quando lui le aveva detto che stava per venire e, quando aveva fatto per tirarlo fuori, lei lo prese e lo aveva tirato a sé. “voglio sentirti dentro”. Lui immediatamente esplose eiaculando una quantità incredibile con gli ultimi due o tre colpi.
A questo punto eiaculai anche io, sulla sua mano, sulla mia pancia.
Sara mi baciò e ripeté ancora una volta: “mille punti”.
Io abbozzai un “pero’… non era quello estratto”
Ripeté: “Mille punti”.
“Mille punti”, confermai.
“Hai il suo numero?”.
Sorrise.
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Re: [racconto] Mille punti (parte 1)
Mille punti...che bei punti un sogno, grazie.